Bianchi (squali) di casa nostra
Proprio in questi giorni ricorre una triste data: 29 anni fa l’amico Luciano Costanzo fu attaccato ed ucciso da uno squadlo bianco nei pressi del Golfo di Baratti e precisamente allo scoglio dello Stellino in sua memoria e ricordo, ho voluto ritirare fuori un vecchio pezzo che scrissi alcuni anni fa sugli squali bianchi di casa nostra. L’ho voluto rispolverare e riassettare per non dimenticare l’attacco avvenuto prprio nel mio mare, per non dimenticare l’amico Guarguaglini Luca scomparso prematuramente e che mi dette notizia dell’avvistamento di un altro squalo bianco dopo 10 anni dall’accaduto, per non dimenticare il dott. e amico Vinicio Biagi che oltre a rilasciarmi un intervista in merito ai Bianchi, era un mio punto di appoggio per qualsiasi cosa avessi bisogno sulla biologia marina (Marco Meloni)
Sono ormai passati diversi anni dalla sindrome di “Jaws”, lo “Squalo”, con cui Spielberg interpretò cinematograficamente l’atavica paura dell’uomo verso l’ignoto e verso i draghi del proprio inconscio. Sono passati molti anni, (29) anche dal drammatico episodio di Baratti, in cui un sub fu attaccato mortalmente da uno squalo bianco. Bilanciando mito e realtà, ho voluto dedicare un ampio servizio a questo principe del mare. Un mostro feroce, o più realisticamente un animale che cerca di sopravvivere in un ambiente sempre più degradato. Una presenza comunque endemica nei nostri mari, tornata all’onore della cronaca dopo 10 anni dal caso di Baratti, dove lo squalo, ha fatto di nuovo la sua comparsa.
Squali bianchi nei nostri mari
Ci sono, eccome, e ci sono sempre stati: il primo a parlarne fu Erodoto, 2400 anni fa, e addirittura fino a pohi anni fa si credeva che il più grande squalo bianco del mondo fosse stato pescato proprio in Mediterraneo, nelle acque di Malta. Perché allora parlando del Carcharodon carcharias tutti immaginano le spiagge australiane, le isole californiane o quelle del Sud Africa? Perché lì si concentrano, in stagione, attorno alle colonie di otarie. In Mediterraneo invece, dove nemmeno nei secoli scorsi la foca monaca è stata mai così abbondante da essere ingrediente principale nella loro dieta, le prede preferite degli squali bianchi sono delfini e grandi pesci come tonni e pescespada, ma anche altri squali, razze e occasionalmente tartarughe. Catture e avvistamenti di squali bianchi sono stati registrati praticamente ovunque da Gibilterra al Bosforo (non nel Mar Nero) ma soprattutto nel Mediterraneo centrale e occidentale e con una certa regolarità nelle Egadi, nel Canale di Sicilia, lungo la costa tunisina, da Capo Bon a Djerba, a Malta, occasionalmente nel Golfo del Leone, in Costa Azzurra e nel mar Ligure, ed anche nel Tirreno centrale e in Sardegna, e nello stretto di Messina. Fino agli anni Settanta, inoltre, la specie era frequente nel Nord Adriatico, mentre oggi gli avvistamenti sono sporadici. In Egeo è presente saltuariamente, come a Cipro, in Libano e in Israele, mentre le segnalazioni lungo la costa libica, egiziana, algerina e marocchina sono scarse, ma è probabile che qui entri in gioco anche la mancanza di comunicazione.
Per esserci, dunque, ci sono. Anzi, da qualche anno i biologi hanno cominciato a sospettare persino che i bianchi si riproducano nel nostro mare. Delle quindici femmine gravide catturate nella storia in tutto il Mondo, due sono state prese in Mediterraneo (nel 1937 in Egitto e in Tunisia nel 1992).

Squali bianchi nel Mediterraneo
Del resto nel Canale di Sicilia gli squali bianchi vengono catturati o avvistati con una certa regolarità: singolarmente o in coppia, maschi e femmine sessualmente maturi (maturano rispettivamente a circa 360cm di lunghezza, i maschi, e a 450-500 cm. le femmine). Ancor più frequente è la cattura di diversi esemplari giovani, di lunghezza inferiore ai tre metri, fra cui alcuni di “appena” 130-150 cm., che sono le supposte dimensioni di uno squalo bianco appena partorito (gli squali bianchi danno alla luce dai 6 agli 11 piccoli che si sviluppano all’interno del corpo della madre, nutrendosi delle uova non fecondate). E ancora: le pinne pettorali sia della femmina“record” di Malta che di uno dei bianchi catturati nella tonnara di Favignana (le cui pinne sono appese sul muro della “camperia” della tonnara stessa) presentano delle incisioni ad andamento circolare simili a quelle lasciate dai maschi di altre specie di squalo quando afferrano la femmina per l’accoppiamento. Molti sono quindi gli indizi che portano cautamente a supporre che il Canale di Sicilia sia in estate un “hot-spot” per i grandi squali bianchi, sia per l’accoppiamento che per la nascita dei piccoli.
Il grande Squalo bianco catturato a Malta nel 17 aprile 1987

Photo Credit John Abela 7.14 metri per un peso stimanto di circa 3000 kg.
A Marsaxlokk (Malta) il grande squalo bianco fu sollevato e due pescatori aprirono il suo stomaco. Ne uscirono, uno squalo non identificato quasi intero di circa 2 metri, una tartaruga marina di 70 cm., due parti di un delfino parzialmente digerito, lungo nel complesso 2.5 metri. Poco dopo si scoprì che lo squalo era una grande femmina che aveva partorito da poco.
Lo squalo bianco catturato a Favignana
Perché tante supposizioni, perché tanti punti interrogativi? Perché studiare nel suo elemento un animale raro, nomade e sospettoso come il Carcharodon carcharias è difficilissimo. Osservare un qualsiasi organismo in mare è sempre problematico (e non è certo a dei pescatori che si debba dire quanto sia arduo scovare un pesce in mare!), ma se i cetacei prima o poi devono tornare in superficie per respirare e quindi, a patto di essere in zona, li si può avvistare, gli squali invece passano gran parte del loro tempo a pattugliare il fondale, risalendo solo occasionalmente in superficie. Del Carcharodon carcharias sappiamo per certo solo una cosa: che è un animale estremamente raro, soprattutto in confronto con le altre 400 specie di squalo conosciute.
Ma da dove vengono i bianchi di casa nostra?
Solo l’analisi comparativa del DNA potrà stabilire con certezza se gli squali bianchi avvistati in Mediterraneo costituiscano una comunità isolata dal resto del mondo. Certo che se i bianchi mediterranei fossero una popolazione a sé stante, la situazione sarebbe ancor più critica: se il loro numero è in declino, come le catture e gli avvistamenti sempre più rari fanno supporre, e se non c’è nemmeno la speranza che altri esemplari possano venire a ingrossarne le fila, la popolazione mediterranea risulta particolarmente vulnerabile. Strano a dirsi per una “macchina da guerra”, come lo squalo bianco, ma indubbiamente vero.
Quali sono i pericoli che incontra il bianco in Mediterraneo?
Non è certo oggetto di pesca diretta (tranne quando si innesca l’isteria collettiva, in caso di avvistamento o peggio ancora di attacco), anche se occasionalmente finisce nelle reti o nei palamiti. Certamente il rischio principale è la degradazione del suo ambiente naturale, soprattutto l’eccessiva pressione di pesca sulle sue prede, sia essa diretta (i tonni e il pescespada) o indiretta (i cetacei). Ma forse il problema maggiore è la cattiva immagine presso il pubblico e la conseguente mancanza di consapevolezza sia dell’importanza del ruolo che questo animale ha nel suo ambiente, che del suo declino. Delfini, balene, foca monaca e tartarughe: sono decine i programmi di ricerca e le campagne di protezione per queste specie. Negli ultimi anni abbiamo combattuto per i delfini intrappolati nelle spadare, ma quanti di noi hanno versato una lacrima per le centinaia di migliaia di squali finiti nelle stesse reti? Qualcosa, fortunatamente, sta cambiando: la FAO ha chiesto ai paesi membri di studiare il problema squali. Per far ciò è necessario però capire prima quali grandi squali vivano nel nostro mare, e questo non è compito solo dei biologi: anche noi “profani” possiamo dare un contributo.
Lo Squalo di Baratti
Se proprio bogliamo essere precisi lo squalo che ha attaccato ed ucciso Luciano costanzo nel 1989 non fu il primo squalo bianco nelle vicinanze del golfo di Baratti.
Infatti come si legge nel libro di Vinicio Biagi “Memorie della tonnara di Baratti”:
“La cattura però che più di ogni altra costituisce notizia si era verificata sul finire del 1800, quando a capo della tonnarella era Vittorio Canessa, fratello del nonno di quell’Emilio che fu per noi la fonte principale di notizie…. …… nella rete che si presentò ammassata in un groviglio informe, era incappato un esemplare gigantesco di Carcarodon carcharias (L), il vero pesce cane, lo squalo bianco di tutte le leggende del mare.
La manovra di “messa a terra” dell’enorme pesce era stata tutt’altro che facile. Per mancanza di spazio sulla piccola spiaggia ghiaiosa dell’approdo, il “mostro” era stato trainato sul lido del casone e là, imbracato con corde, era stato tratto a riva da due paia di buoi. Là era avvenuto lo sventramento in presenza di una piccola folla. Quando il grande corpo fu inciso i bambini presenti furono fatti allontanare: nello stomaco dello squalo era presente un sacco di tela da vele che, cucito e appesantito con fermelle di ghisa, conteneva il cadavere di un sepolto in mare. Gelsomina Canessa, nata a Baratti nel 1883, figlia di Vittorio il capo della “tonnarella” era fra quei bambini e scolpì nella sua tenace memoria l’immagine di ciò che accadeva e quell’immagine, rivissuta con limpida vivezza fino all’età più tarda, fu affidata ai figli dai quali la udimmo con le stesse parole fuori dal tempo. Il corpo dello sconosciuto fu inumato nel piccolo cimitero di Populonia, dove molti ricordano ancora una lapide senza nome, ormai da qualche decennio scomparsa come tante altre. La testimonianza di Emilio, che pure in quel tempo non era ancora nato, ci ha trasmesso alcuni dati, strabilianti nella loro essenzialità che riportiamo senza possibilità di commento pur nella certezza che in quel giorno lontano, la gente di Baratti si trovò a vivere un qualcosa di straordinario e irripetibile. Lo squalo pesava sventrato oltre 20 ql., l’apertura della bocca (non possiamo conoscere come questa misura fosse stata verificata) misurava oltre 1,50 mt., la lunghezza, e qui le testimonianze non sono concordi, oscillava tra gli 8 ed i 10 metri…”.
Ultimo avvistamento dicembre 1998
Il parere delle Autorità
Intervista al Tenente di Vascello (CP) Nerio Busdraghi dell’ufficio Circondariale Marittimo di Piombino
Nella sua carriera è la prima volta che assiste ad un avvistamento di squalo?
Personalmente è la prima volta che assisto ad un simile avvistamento, specialmente documentato in questo modo. D’altro canto siamo proprio stati noi a fotografare lo squalo per cui ho vissuto la vicenda in prima persona.
La zona dello Stellino nelle vicinanze di Baratti è spesso interessata ad avvistamenti di grossi pesci a cosa pensa sia dovuto?
Nella zona di mare dello Stellino vi è la linea di partenza dei cavi elettrici dell’Enel che collegano sia la Corsica che la Sardegna. Più precisamente nella zona delle boe, dove si è verificato l’avvistamento, scarica la massa elettrica. E’ quindi questa una zona di sicuro interesse per qualsiasi tipo di pesce ed in particolare per gli squali. Ne è un esempio l’incidente accaduto al sub Luciano Costanzo il 2 febbraio 1989. Questi cavi, emettono dei campi elettromagnetici che vanno ad interessare uno dei due sistemi che ha lo squalo. Questi pesci sono infatti guidati sia da un sistema olfattivo, che da un sistema di percezione delle onde magnetiche. Non dimentichiamo comunque che in zona si trova anche lo sbocco della Fossa Calda, e la presenza di molto pesce azzurro e di passo come tonni e palamite è una costante da non sottovalutare.
Ci facciamo prendere spesso dal panico al solo avvistamento di una pinna in mezzo al mare, ma non sempre si tratta di squali.
Subito dopo la morte del sub Costanzo, ci furono una serie di avvistamenti che continuarono per diversi anni. Qualsiasi cosa che un bagnante, un pescatore o un diportista vedesse galleggiare in acqua si gridava subito allo squalo, senza considerare che nel nostro mare esistono delfini, pesci luna e tanti squali che sono assolutamente innocui.
Intervista al Comandante Capo Emilio Di Fazio, della Motovedetta della Guardia Costiera ” CP 2010″ .
Comandante Di Fazio, ci racconti l’accaduto
Era il mese di dicembre due pescatori dilettanti ci hanno avvisato telefonicamente della presenza di una grossa pinna nei pressi della loro barca. Dopo la prima telefonata siamo partiti con la motovedetta in direzione della zona dell’avvistamento. Erano le ore 12.45. Appena giunti sul posto abbiamo notato subito il pesce che è rimasto sul luogo dal momento della telefonata dei pescatori fino alle ore 13.30, ora del nostro ultimo avvistamento. Era un enorme squalo che girava intorno alla vedetta ad una distanza di 4/5 metri e noi abbiamo fatto diversi tentativi per avvicinarci il più possibile. Il risultato è stata appunto la foto scattata, quando siamo riusciti con la prora della barca ad avvicinarci fin quasi a toccarlo. Un po’ di paura c’è stata a bordo, chiaramente, perché il pesce era veramente grosso, noi con le braccia aperte al massimo da sopra la prora non so se riuscivamo a coprire il dorso dell’animale. Per determinare poi la lunghezza, siamo arrivati alla conclusione dei 7 metri anche consultandoci con i due pescatori che hanno effettuato l’avvistamento. Infatti Il sig. Cheli e il sig. Guarguaglini, hanno potuto stimarne le dimensioni quando il pesce è passato parallelo al loro cabinato di 6 metri.
La parola al biologo
Intervista al dott. Vinicio Biagi, biologo collaboratore della rivista Pesca in Mare, e consulente dell’International Shark Attack File.
Di fronte alle due foto scattate dall’Ufficio Circondariale marittimo di Piombino può affermare con sicurezza che si tratti di uno squalo bianco?
Per abitudine non mi sento di dire nulla finché non ho in mano dei dati che mi permettono la certezza assoluta. Nel caso specifico, non vedendo bene la coda manca un importante elemento di identificazione. Gli squali, in particolare i Lamnidi, cioè la famiglia a cui appartiene lo squalo bianco sono Isuridi cioè hanno la coda con il lobo superiore e quello inferiore, praticamente uguali; tanto che una volta fu proposto il nome di squalo tonno. Squali di questo tipo sono il mako, lo squalo bianco, lo smeriglio, e lo squalo elefante. Quello della foto non è un elefante, e date le dimensioni non è certamente né un mako né uno smeriglio, quindi quasi sicuramente è uno squalo bianco.
Dott.Biagi, lei conosce alla perfezione la zona degli avvistamenti, ma che relazione ci può essere tra i cavi dell’ENEL, la Fossa Calda, le vecchia tonnare di Baratti ecc.
Sono tutti fattori concomitanti per giustificare la presenza di un bianco. Come ben sai dove c’è un’osteria c’è un addensamento di ubriachi, ma gli ubriachi ci sono comunque a giro, però si addensano nell’osteria. E’ quindi probabile che queste scariche elettromagnetiche attirino gli squali. A proposito dell’ultimo avvistamento ho sentito dire dagli avvistatori dello squalo, che al momento in cui accendevano l’ecoscandaglio lo squalo emergeva e quando lo spegnevano si immergeva, o viceversa.
Perché ultimamente ci sono più avvistamenti di squali?
Perché secondo me c’è molta più gente che va in mare e non certo perché ci sono più squali. Anche negli ultimi tempi ci sono state testimonianze molto eclatanti e non solo di squali. E’ stata vista addirittura un’orca, e non una volta sola: due orche sono state viste non più di 15-20 giorni fa, una femmina con il cucciolo. Anche lo squalo che divorò il sub Costanzo, ad esempio, era già stato visto diverse volte nei giorni precedenti l’incidente. Il povero Nilo Batistoni, poi, ora deceduto, era un subacqueo di Piombino che ha lavorato con l’ing. Bader (presente all’attacco del Costanzo), e diverse volte si è immerso allo Stellino per la pulizia dei cavi di massa. Una volta non si è voluto più immergere: “mi sono visto passare sopra un pesce che sembrava una nave”, raccontò,” di qui in avanti se mi immergo voglio una gabbia antisqualo”.
Il racconto dei protagonisti
Intervista a Roberto Cheli e Luca Guarguaglini di San Vincenzo
Roberto, insieme al tuo amico Guarguaglini siete stati i primi a vedere lo squalo ed ad avvertire l’Ufficio Circondariale Marittimo di Piombino, vuoi raccontarci la vicenda?
Eravamo nella zona dei gavitelli dell’ENEL pescando a bolentino già dalla prima mattinata, un leggero vento di scirocco faceva scarrocciare lentamente la nostra imbarcazione. Verso le ore 11.30, mentre guardavo la vetta della canna, in controluce ho notato qualcosa sulla superficie dell’acqua. Inconfondibile a circa 5 metri dalla barca è venuta fuori una pinna. Mi sono subito allarmato, ma non più di tanto in quanto non avevo ancora valutato la grossezza del pesce. Girava intorno alla barca con giri sempre più stretti poi sparì di colpo. Il primo impatto fu quello di chiamare la Capitaneria, che chiese i miei dati ed il numero di cellulare che un po’ per il panico ed un po’ per distrazione detti sbagliato. Ci legammo per un attimo ad un gavitello e come per incanto il grosso squalo tornò in superficie. Sembrava attratto dalla barca, ma credo che fosse soprattutto attratto dal trasduttore del mio ecoscandaglio. Erano le 12.30, era passata già più di un’ora ed il pesce affondava e tornava in superficie. Intanto avevo avvertito anche l’amico Antonio, che si era avvicinato per vedere il pesce. Chiamai di nuovo la Capitaneria con il timore che non venissero a documentare quello che vedevamo. Ci dissero che attendevano una nostra chiamata per partire, facendoci notare che il numero di cellulare dato a loro era inesatto. Alle 13.00 ca. La vedetta della Guardia Costiera si intravide da lontano, proprio mentre lo squalo affiorava di nuovo. Stette lì fino alle ore 13.30 poi si inabissò e non si fece più vedere.
Febbraio 26th, 2024 at 3:12 pm
Interessante