Trecciato o braided nel mulinello

Pesca dalla barca/Trecciato o braided nel mulinello

Tutto ciò che serviva al vecchio pescatore per cercare di catturare i pesci per mangiare e sopravvivere era in passato del semplice nylon con una scelta priva di alternative. Oggi se dobbiamo recarci in barca ed effettuare una qualsiasi tecnica di pesca la scelta del monofilo è diventata molto più complessa, dal momento che oltre al nylon (peraltro di vari modelli) in commercio vengono offerti una gamma di fili che si differenziamo per caratteristi­che tecniche e per finalità d’uso. Nel giro di pochi anni, l’evoluzione della pesca ha por­tato ad una trasformazione consi­derevole dell’accessoristica nel suo complesso, e del mondo dei monofili in particolare. Per fare un esempio dei monofili da imbobinare nei mulinelli, dai semplici nylon si è passati a prodotti di avanguardia come il fluorocarbon e il fluorine.  Ciò che però ha dato una svolta vera e propria nel campo dei fili da mulinello è stato il trecciato.

Se il monofilo utilizza­to per la costruzione dei termi­nali è importante in un senso, quello da imbobinare lo è altret­tanto in un altro, anche se per motivi diversi. Infatti, se l’uso del nylon e dei fluorocarbon, per i terminali rappresen­ta una scelta soggettiva del pe­scatore, per quanto riguarda il fi­lo in bobina la scelta lascia poco spazio a considerazioni perso­nali, divenendo praticamente un obbligo. Non sempre infatti, il nylon può essere definito un filo universale, da impiegare in qualsiasi situazione. Nella pesca da natante, ad esempio, esistono alcune regole, ben precise, che impon­gono un uso assolutamente di­versificato e la scelta, in que­sto caso, è legata soprattutto alle diverse profondità di pesca. Dando per scontato che nella pesca a profondità variabili diciamo fino a i 30 metri il nylon re­sta il migliore monofilo utilizzabile, vediamo invece che aumentando la profondità il trecciato è un filo pra­ticamente indispensabile. Questo trova il massimo impiego nel bolentino quando si inizia a pescare a profondità superiori ai 50 metri. Correnti e profondità eccessive, infatti, fanno sì che l’impiego del nylon risulti di difficile utilizzo.

II multifibre trecciato o braided

La prima cosa da dire è che tali multifilamenti niente hanno a che vedere con il dacron; i loro carichi di rottura sono infatti ben più elevati, a parità di sezione. Inoltre il dacron risulta essere assai più rigido e pe­sante rispetto ai dyneema e, comunque, in pratica, non assolve le stesse funzioni per le quali sono stati realizzati quest’ultimi. L’unica similitu­dine che potremmo riscontra­re, oltre al fatto che entrambi non sono in nylon, consiste nel ridotto od assente allungamento.

Il multifibre come dice il nome è composto da una serie di fili 4 o 8  intrecciati tra loro e spesso rivestiti. L’assenza di memoria consen­te un perfetto imbobinamento che, se sottoposti ad un corretto uso, mantengono tale requisito anche con il passare del tempo.

Una nota particolare da evidenziare che, parlando di questi fili, non si dovrebbe par­lare di diametro, a meno che non si faccia riferimento ad una misurazione ottica, poiché se li sottoponessimo ad una misurazione al micrometro meccanico si verificherebbe un loro inevitabile schiaccia­mento che alte­rerebbe il dato finale. Il fatto, però, che tale filo sia morbido e facilmente comprimibile non ne altera le caratteristiche. Possiamo trovare dei multifilamenti a sezione ro­tonda oppure ovale, tipo na­stro, anche se pensiamo che, con l’uso, pure quelli circolari tendano a deformarsi ed assu­mere una sezione ovale o for­se non ben definita.

Un po’ di storia

Questo tipo di filo è un trecciato di vari materiali, prevalentemen­te derivati da compositi di kevlar e similari. I primi multifibre fecero il loro ingresso nel mercato italiano intorno al 1990 introdotti come alternativa alla treccia d’acciaio per la confe­zione dei terminali (le prime bobine erano tutte confezio­ni da 25 metri). Da subito si rivelarono validissimi per pre­datori come dentici, ricciole o palamite, ma a contatto con pe­sci capaci di tagliare il terminale, come ad esempio gronghi o pesci ser­ra, risultavano invece inutili. Con il passare degli anni, è stata verificata la sua validità per essere utilizzato come filo da mulinello (naturalmente legato a particolari tecniche). Infatti, la caratteristica principale di questi tracciati, è la completa assenza di memoria, cosa che favorisce al massimo la trasmissione delle mangiate dei pesci sulla vetta della canna. Questa caratteristica, oltre al vantaggio del ridotto diametro rispetto al dacron, hanno fatto di questo filo un vero gioiello per la pesca sportiva.

Con la nascita  del trecciato da imbobinare questo filo ha subito no­tevoli cambiamenti soprattutto nel confezionamento. Dalle pic­cole bobine da 25 metri si è pas­sati oggi a quelle da 150/300/500 e 1.000 metri adattabili a tutte le esigenze del pescatore.

Come abbiamo visto le caratteristiche principali di completa assenza di elesticità e ridotto diametro si riscontrano soprattutto paragonandolo ad un comune nylon. Queste caratteristiche diventano essenziali in una tecnica come il bolentino, dove è importante la ri­duzione di attrito idrodinamico, permessa appunto dal trecciato con conseguente impiego di piombature più leggere anche a profondità spesso rilevanti.

Non tutto è positivo

Come sempre accade, però, ogni medaglia ha il suo rovescio, ed anche questo filo, purtrop­po, presenta alcuni piccoli in­convenienti, quali, ad esempio, l’aumentare di rotture di terminali più sottili. Basta pensare a quanto un comune nylon ammortizzi le fu­ghe e le testate di una preda con la sua elasticità. Utilizzando il multifibre questo non accade e spesso, se non si ha un minimo di esperienza, il pesce riesce a rompere la lenza. Un piccolo suggerimento e trucco, se così vogliamo definirlo, può essere quello di mettere uno spezzone di nylon (shock leader) negli ultimi 10/15 me­tri della lenza nel mulinello. Questo potrà servire da semi ammortizzatore, permettendoci di salvare qualche preda in più.

Naturalmente il diametro del nostro shock leader varia in base al diametro del multifibre che metteremo in bobina. Visto che la funzione dello spezzone in nylon è solo quella di ammortizzatore solitamente si sceglie un nylon con un carico di rottura pari a quello del multifibre utilizzato. La giunzione dei due fili viene effettuata in maniere diverse dal Nodo di sangue all’ Albright dall’ FG al Tony Pena.

Una seconda nota negativa è che, avendo una superficie non liscia, quando il trecciato viene a contatto, per una qualsiasi ragione, con altre lenze, siano esse della stessa natura o con il nylon, si verificano spessissimo dei grovigli difficilissimi da di­stricare.