Minnows parte 1
La storia dei minnows
Sembra che i primi pescioli artificiali siano stati costruiti in Finlandia e destinati alla pesca a spinning nelle acque interne, prevalentemente per catturare i grandi lucci. Ma, come era facile immaginare, l’applicazione in mare fu l’immediata conseguenza, con un’ampliazione progressiva dei modelli e delle colorazioni. Il pesciolino finto che chiameremo anche minnow nasce così, da un artigiano pieno di fantasia e passione, che da una barra di balsa è riuscito a realizzare un’esca che avrebbe fatto entrare il suo nome nella storia della pesca. Certamente, è proprio lui, Lauri Rapala che creò il suo primo artificiale, fatto in sughero. Un personaggio con un nome o meglio un cognome che non ha bisogno di nessuna presentazione. Infatti, oggi gli artificiali RAPALA sono tra i più venduti ed utilizzati al Mondo. All’indirizzo web http://www.rapala.com/content/rapala-general-information/our-history.html potete trovare la storia completa della nascita del marchio e dei primi minnows Rapala; è in lingua inglese, ma per coloro che hanno difficoltà con il traduttore di Google si riesce a capire tutto.
Analisi dei minnows
Il minnow propriamente detto è l’artificiale con forma di pesciolino, paletta stabilizzatrice (e non) ed ancorette (o ami) preposte alla ferrata del pesce. Solitamente è realizzato in balsa o plastica: nel primo caso si avrà un particolare nuoto in acqua, nel secondo una maggiore resistenza alle dentature particolarmente affilate. Un buon minnow deve comunque essere caratterizzato da ancorette resistenti in acciaio o lega leggera, da un solido attacco per la lenza e da una superficie perfettamente levigata e lucida. Riguardo alla grandezza spesso ci si limita nell’ottica di non proporre un’esca troppo grande a prede di ridotte dimensioni, ma si deve considerare che alcuni predatori come la spigola e il dentice, sono abituati ad attaccare prede grandi rispetto alle proprie dimensioni; la spigola grazie alla sua bocca molto grande, il dentice facilitato dai denti che possono trattenere la preda. Per altri predatori come palamite e tunnidi, sono invece più catturanti esche di dimensioni più contenute, in quanto questi pelagici si nutrono prevalentemente di pesci medio piccoli, verdi sarde, alici e calamari. La circonferenza del corpo dell’artificiale condiziona anche il suo movimento in acqua. Più la sezione è sottile, più il movimento sarà guizzante, così come aumentando la sezione il movimento si addolcisce. Anche in questo caso ci viene di aiuto la ditta Finlandese RAPALA con un filmato girato all’interno della propria fabbrica dove Bill Sherck entra nel mondo di Rapala per mostrare come vengono costruite queste esche a partire da un blocco di legno fino al primo lancio.
Il colore dei minnows
La prima qualità di un minnow che salta all’occhio di un pescatore è il colore, ovvero, parlando in termini tecnici, la livrea. All’alba dei minnows le livree riprendevano oggettivamente quelle dei piccoli pesci presenti in natura, ma visto che parliamo di un prodotto distribuito a livello mondiale, i pochi colori dei pesci del mediterraneo, slittavano in coda alle varie colorazioni a disposizione. Se analizziamo le possibili similitudini con i nostri pesci infatti, sono ben poche le livree con riferimenti alla realtà. Gran parte dei piccoli pesci del Mediterraneo, preda di quelli più grandi, presentano il dorso bluastro o grigio; i lati argentei ed il ventre bianco. Come parametri possiamo prendere d’esempio il cefalo, la sarda, la menola e la boga. Ci sono poi pesciolini di fondo come la donzella e il serrano che hanno livree più variopinte, ma mai eccessivamente vivaci. Questo per anni ha stabilizzato la scelta delle colorazioni idonee ai nostri mari, su quattro cinque colori, eliminando a priori tutte le altre possibilità. Il fato ha voluto che circa 10-12 anni fa fu immessa sul mercato una colorazione “assurda”, senza nessun riscontro oggettivo nella realtà: il testa rossa.
Visto da occhio profano il testa rossa poteva sembrare uno scherzo ai danni dei pescatori, ma le catture hanno dato ragione all’idea, aprendo una nuova frontiera alle colorazioni per il Mediterraneo. Ci sono due parametri su cui basarsi nella scelta della colorazione: primo che i pesci non distinguono i colori come noi e che sott’acqua con l’aumentare del la profondità tutti i colori tendono al grigio; secondo che molti degli attacchi vengono perpetrati per territorialità o per bramosia alimentare, guidati quindi dal puro e semplice bisogno di “aggressione”. Cosa spinga un pesce all’attrazione verso una colorazione piuttosto che un’altra, nessuno potrà mai stabilirlo, la nostra esperienza invece, può fornirci un’informazione molto importante. Da anni ed anni di pesca con esche artificiali è scaturito il dato che non è tanto la colorazione simile ad una naturale preda a stimolare un pesce all’attacco bensì la novità. Ci sono alcune colorazioni talmente assurde, come il viola, il giallo o il fucsia che nessun pescatore penserebbe di mettere in acqua e che invece, provate in zone dove i pesci sono abituati a vedere esche tradizionali, danno dei risultati incredibili. Questo potrebbe ricondurci al discorso sulla memoria genetica dei pesci, ma si entrerebbe in un discorso troppo lungo e complicato. E’ comunque provato che le nuove colorazioni creano nuovi stimoli e quindi sono da tenere sempre in considerazione.
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